Per avere un ambiente più pulito, più ordinato ed una gestione dei rifiuti più sostenibile sia da un punto di vista economico che ambientale servono tanti impianti, gestiti industrialmente da persone ed aziende capaci.

Servono impianti a supporto della raccolta (per compattare i rifiuti dopo averli travasati dai piccoli mezzi che girano nei centri storici ai grandi autotreni per il trasporto), impianti per selezionare le plastiche e separarle dai metalli insieme ai quali sono solitamente raccolte, impianti per ripulire il materiale raccolto eliminando le impurezze che renderebbero impossibile il riciclaggio, impianti per smontare i RAEE e gli ingombranti, impianti di riciclaggio come vetrerie, fonderie, cartiere; impianti per trattare la frazione organica, impianti di incenerimento per recuperare energia dagli scarti della raccolta differenziata e dai rifiuti non riciclabili.

Senza impianti l’economia circolare fallirà ed i nostri territori saranno esposti a rischi ambientali elevatissimi: eppure gli impianti incutono un incomprensibile timore sul quale occorre intervenire comunicando correttamente e continuamente circa i vantaggi che ci porterà la loro presenza ed i danni che si genereranno con la loro assenza.

Peraltro, questa filiera impiantistica, potrebbe configurarsi come una filiera industriale ad alto valore aggiunto e ad elevata occupazione lavorativa.

Sono note le sindromi NIMBY, Not In My Back Yard (non nel mio giardino) di chi si oppone a qualsiasi iniziative nel proprio territorio e l’estrema BANANA, Built Absolutely Nothing Anywhere Near Anything (costruire assolutamente nulla da nessuna parte vicino a niente): il mondo reale e quello virtuale sono pieni zeppi di comitati del “NO”, basati spesso su posizioni poco tecniche e per nulla scientifiche, che fanno proseliti perché diffondono messaggi facili da veicolare.

E spesso la politica, che dovrebbe comunicare ed indirizzare, segue l’onda, non affronta i problemi, non delinea soluzioni.

Ed il risultato è purtroppo sotto gli occhi di tutti: città sommerse da rifiuti, campagne occupate da “ecoballe” (solo in Campania ve ne sono stoccate quasi 6 milioni di tonnellate), discariche che continuano ad operare in deroga e con dispositivi straordinari, rifiuti che vengono trasportati per migliaia di chilometri, incendi di rifiuti causati dall’accumulo per giorni se non per mesi nei siti di stoccaggio provvisorio che non riescono a collocarli negli impianti di trattamento ormai saturi.

E mentre succede tutto questo, con la stessa forza con cui si dice NO agli impianti, nello stesso tempo, si chiede di aumentare lo sforzo per la raccolta differenziata intercettando rifiuti che, tra pochissimo, non sapremo più dove conferire.